Mary Desmond, la pittura e la fotografia
Nella sua prima personale romana, l’artista britannica Mary Desmond espone due serie di lavori in cui declina altrettante fenomenologie della memoria. Le grandi e sottili carte rosse delle Stone Pine Series (2012) evocano i graffiti paleolitici di valore rituale in cui, riproducendo esperienze pregresse, l’uomo dedito alla caccia e alla raccolta fidava di propiziarsi gli eventi futuri. Rome Series(iniziate nel 2010), invece, sono legate alla memoria personale: Desmond trasferisce su tela – con un procedimento simile al transfer di Robert Rauschenberg – fotografie private, scattate personalmente. Tale variante del monotipo, con la foto come matrice, costituisce la base per l’intervento pittorico. Il disegno preparatorio è sostituito da un’operazione manuale anonima, compiuta contemporaneamente su immagini di epoche o luoghi diversi, variamente accostate: un ritratto e un paesaggio, figure o momenti di vita quotidiana, un monumento e un dettaglio, e così via. Tale lavoro sincronico corrisponde al procedere per tentativi ed esclusioni, operando per decantazioni progressive che generano, infine, una sorta di palinsesto, materiale e visivo, a cui il pennello conferisce tessitura pittorica fitta, senza però cancellare l’origine composita del lavoro, in cui fotografia e pittura convivono salvaguardando le rispettive differenze.
Evidentemente le Rome Seriessi nutrono di quella peculiare percezione della temporalità che si può esperire nell’Urbe: sovrapposizioni, rovine emergenti dal tessuto contemporaneo, grandiosità e declino… le stesse sensazioni che aggrediscono da secoli i viaggiatori, ancor più che gli autoctoni.
Ideale centro di Memory Wallè la conversazione impossibile fra il busto di epoca romana e il bimbo che muove i primi passi: unico caso in cui lo spazio non reca traccia dell’originaria bipartizione, altrove evidente: il medesimo campo verde in primo piano è chiuso da una sorta di muro che unisce proscenio e sfondo, dominato da un colore caldo simile a quello delle Stone Pine Series, anche se meno drammatico. Qui corpo e statua, innocenza e consapevolezza, autorità e fragilità si fronteggiano da pari a pari – come capita tante volte nelle pagine che Marguerite Yourcenar ha dedicato all’imperatore Adriano.
Di solito, invece, nelle Rome Series lo spazio è bipartito e nell’insieme incoerente proprio come nelle false evidenze mnestiche e, per certi versi, anche in linea con l’assenza di prospettiva e proporzione della Transavanguardia. D’altronde, così come nella memoria i luoghi, le persone, le immagini si attraggono e si respingono, si sovrappongono o si fondono, analogamente nelle Rome Series lacerti di autobiografia, presenze tipicamente romane e scene del viaggio in India emergono nitide, ma prive di nessi reciproci.
Padrona di un tratto disegnativo sicuro e di un ductuspittorico vicino a certo neoespressionismo, Mary Desmond propone un’originale meditazione sulla memoria, che investe coerentemente materiali e procedimenti: la pittura e la fotografia, alla stregua della corrispondenza privata, sono assunte nella dimensione letterale, tradizionale e quotidiana, di supporto al ricordo.
Francesca Gallo
Roma giugno 2013